Lettori fissi

mercoledì 9 marzo 2016

La mia malattia sono io.

Non avete idea di quanto io volessi scrivere in questi giorni, rimandavo sempre perché mi sembrava di non aver nulla da dire, di non trovare l'ispirazione giusta. Ma come mi succede sempre quando parlo o leggo un post di Sybil, avrei un milione di cose da dire. In quelle parole trovo scritta la mia vita, e se fino ad un secondo prima non sapevo che scrivere e come metterlo nero su bianco tutto si fa più chiaro immediatamente dopo, penso che sia magia.

Oggi sono stata al centro, c'è una novità: da oggi parlo anche con la psicologa. Devo essere sincera? Dal primo momento in cui sono entrata in quella stanza, ho sentito fortissimo e chiarissimo dentro di me che non sarebbe servito a nulla, questo perché io so di essere in una posizione superiore alla loro. È quello che penso da sempre e quello che solo oggi ho realizzato perfettamente, dopo aver letto le parole spiazzanti di Sybil. Oh, quelle parole... Parlano di me. Io so perfettamente che io sono la persona più informata di tutte sul mio disturbo. Ma non solo, sento che qualsiasi cosa esca dallo stereotipo si trasforma in incomprensione e mancata comunicazione. Non ho mai parlato forse dettagliatemente delle mie visite, ma spesso lo psichiatra fa fatica a capire alcuni miei passaggi, come fa lui, che ha studiato a non comprendere la mia mente contorta? Le mie contraddizioni? Questo perché solo io conosco perfettamente il mio disturbo. E con questo non voglio dire che non capisca, altrimenti non farebbe il suo lavoro. Anzi, è quello che forse mi ha aiutato più di tutti ma io non sono lo stereotipo, mi sento stupida quando dico certe cose che vanno fuori dal "manuale" è come se dicessi cose senza senso ai loro occhi. Non so se mi spiego, ma quando cerco di uscire dai preconcetti e dai luoghi comuni, non vengo capita, posso ripetere allo sfinimento che non sto male per il peso, che non mi fa stare tranquilla mantenere il peso perché ormai sono FISSATA con il mio disturbo e che la cosa che mi fa stare male è il pensiero di abbandonarlo,
In fin dei conti io non sono affatto guarita dopo un anno di percorso e sapete cosa? Mi sono accorta che non voglio nemmeno.

Cioè, io voglio assolutamente fare una vita dignitosa, considerare il cibo come il contorno della mia vita, eppure non vorrei mai rinunciarci. La mia è una tranquillità apparente, seguo quello che mi è stato prescritto perché so che lo devo fare, perché non posso fare altrimenti per vivere.
Ma da una parte il mio disturbo è parte integrante di me, è diventata una caratteristica qualsiasi, come avere gli occhi marroni. Ho sempre pensato di poter condurre una vita dignitosa sempre e comunque con il mio "bambino" accanto, come l'ha definito perfettamente Sybil.

Questo è il motivo per cui appena tornata a casa, ho detto a mia madre che sentivo che sarebbe stato tutto inutile. Lei giustamente mi dice "perché lo dici a me?" ed ha ragione. Ma io come tutto nella mia vita ho accettato passivamente di fare questi incontri con la psicologa, di tentare.
Perché quando sei disperato accetti di tutto, anche l'aiuto più superficiale del mondo. Perché si, purtroppo lo percepisco dannatammete superficiale, diciamocelo in questo ambito non esiste giustizia, non esiste a meno che tu non pesi trenta chili, questo è così da sempre e sarà così tristemente per sempre. Basti pensare ai dubbi che hanno su di me per il fatto che pur essendo perfettamente normopeso e scoppiando apparenentemente di salute io stia ancora male dentro. Perché in fondo si guarisce così giusto? Basta mangiare normale, come se il cibo fosse il problema. Che poi lo ammetto, in fondo lo è non penserei sempre a quello altrimenti, ma sappiamo che non è veramente li tutto.

Ma dicevo, ho accettato di vedere la psicologa. È stato un colloquio molto veloce, fuori programma, dettato solo dal fatto che mi hanno mandata li perché sto ancora male per il cibo.
Mi ha chiesto di dirle brevemente la mia storia, (intendeva la famiglia ecc...) ma io ero così STANCA. Sono nauseata dal raccontarla, perché so che è lì che gli psicologi indagano per comporre il puzzle che ti definisce. Io so di essere più intelligente, e questo lo dico senza presunzione assolutamente. Ma io so e l'ho sperimentato, che venire ridotta ad un'adoloscente problematica non mi aiuta, non so fino a che punto. Perché sarebbe tutto così riduttivo e banale.
Ci ho provato a descrivere il rapporto con la mia famiglia, sul serio. Ma non ci sono riuscita, so che quello è un contorno del mio problema, so che il mio problema è diventato un tutt'uno con me. Sono io la mia malattia. Non gli altri, non i miei genitori ma IO.
La mia malattia sta diventando una cosa a se dalle questioni della mia vita come possono essere il rapporto con i miei o con i miei amici, dalla mia vita sociale.
È una cosa a se da tutto questo eppure un tutt'uno con me.
O almeno è così che si sta evolvendo. Io riconosco che queste cose c'entrino ovviamente con la malattia, che l'abbiamo portata allo scoperto in qualche modo, ma so che risolvendolo io non guarirei.
Perché appunto la malattia è una cosa a se ormai e sono io allo stesso tempo.

Tornando alla psicologa mi ha detto che lei lavora con i sogni, che dicono tanto della psiche e che la prossima volta se mi ricordo le racconto di quello che ho sognato. Interessante la cosa dei sogni, chissà se me li ricorderò.
Poi quando mi ha chiesto della mia storia io ho goffamente tentato di dirle che ho un bel rapporto con mia madre ma che mi ha fatta sentire inadeguata nella mia vita, e che con mio padre non ho un rapporto praticamente. La mia voce lì mi stava tradendo, come mai mi veniva da piangere?
Eppure è qui il problema, io mi sentivo stupida dicendo quelle cose, perché ero perfettamente consapevole di come la psicologa e qualunque altro lo avrebbe interpretato. "Ecco qui la povera ragazza insicura, che ha un rapporto difficile coi suoi e che perciò si è ammalata."
È così per tutte in fondo, ma dannazione la ragione non è lì.
Gli psicologi scavano nella mente, no? Allora perché non sanno scavare più profondamente? Non si può ridurre tutto a questo. Spiegatemi perché un bel giorno mi sono fissata col controllo del cibo
Inizio a pensare che non ci sia una ragione, o meglio c'è, ma non si vede. Non si può conoscere.
E io con questo non voglio fare una colpa agli psicologi o ergermi a chissà chi, ma io oggi l'ho capito perfettamente.
Io non so se me la sento di dovermi conformare a quello che loro sanno studiando su dei manuali. Davvero il mio disturbo è tutto lì? Se lo fosse stato sarei già guarita. Penso di aver reso abbastanza quanto il disturbo sia parte di me.

Poi inizio a pensare che potrei sfruttare la mia posizione di superiorità, in quanto conoscitrice nel vero senso della parola del mio disturbo per guarire davvero. In fondo sono stanca, mi sento di ripetere sempre la stessa canzone, dopo un po' stona e non la sopporti più.
Potrei approfittarne per guarire e non dover sentire quella sottile insoddisfazione ogni volta che esco da quel centro, perché so che quello non è quello che avrei voluto dire. E non posso dirlo come dicevo prima, perché scatta l'incomunicabilità, ci ho provato più e più volte credetemi.
A volte sono tentata di firmare e chiudere la cartella dicendo che sono troppo intelligente per stare lì. Ma come potrei dirlo? Già dirlo qui mi fa sembrare presuntuosa, ma credetemi non è quello che intendo.

Ma poi penso anche alle persone che sono guarite li, come hanno fatto? A volte penso che non abbiano raggiunto un certo stadio del DCA, perché allo stadio in cui mi sento io adesso sinceramente non vedo chissà che prospettive di fronte a me, non vedo e non vedrò mai il cibo come un aspetto  secondario della mia vita, non mi stuferò mai di andare al supermercato cercando le cose integrali e senza questo e quello, non mi stuferò di pensare di poter trovare la felicità qui, nel mio fantastico e sporco mondo.

Comunque, io ci provo davvero a vedere cosa ne viene fuori da questo incontro con la psicologa, l'unico modo è mettermi al loro pari, accettare che loro possono darmi solo quel tipo di aiuto che per me non sarà mai abbastanza, e trarne tutto ciò che di positivo posso trarne.
È solo mettendomi al loro stesso livello che posso comunicare, le volte in cui ci riesco sono le uniche in cui non mi sento totalmente disperata e insoddisfatta, ma ci vuole tanto impegno farlo.
È frustrante doversi accontentare, ma nel frattempo lo faccio. Infondo, che altre speranze avrei di guarire? Ubriacarmi o drogarmi per non pensare al cibo?
È l'unico aiuto a mia disposizione e a tutte le ragazze che soffrono di dca, la soluzione più logica.

Scusate questo post, mi è venuto di getto. Forse dovrei scrivere più spesso, altrimenti rischio post come questi. Ma vi assicuro che almeno in questo momento è tutto sentito, magari tra un anno ci riderò su.


18 commenti:

  1. Ti parlo da persona che di psicologi ne ha frequentati diversi, per provare a guarire dall'ansia, e ti dico che dopo tre o quattro mesi al massimo li ho mollati tutti quanti, perchè come dici tu sentivo che io ero di più di quello che vedevano loro, sentivo che prendevano strade sbagliate di me, che si concentravano su cose non importanti, anche se non conoscevo la risposta al mio problema. Posso dirti che ho smesso di cercare il loro aiuto e che col tempo l'ho trovato nella mia introspezione, cioè ho capito da sola come gestire l'ansia, cosa mi fa stare male. Non ho ancora capito la sua origine, ma per ora mi basta saperla gestire. Tuttavia credo che tu stia facendo bene così e che dovresti dare ancora qualche chance a questi dottori, e se la sensazione di insoddisfazione rimane o aumenta, cercare l'aiuto di qualcun'altro ugualmente qualificato. Purtroppo dubito che si possa gestire facilmente e da soli ciò che sta dietro ad un dca, non si può paragonare alla mia ansia.

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    1. Hai capito esattamente ciò che tentavo di dire... Esatto, io sento che prendono una strada diversa dalla mia, che si concentrino su cose non importanti. Ammiro tanto il tuo saper gestire l'ansia, perché è sempre una faccia del dca, e quindi capisco benissimo che vuol dire dover imparare a gestire un peso. Io ci sono riuscita in parte, da una parte ho capito anch'io cosa mi fa stare male, ma dall'altra sto male lo stesso perché ormai è diventata una cosa a sè...
      Se volessi potrei cambiare mille psicologi, ma da una parte so che come dici tu non andrebbero al cuore del problema e ho paura di perder tempo inutilmente.
      Però sto comunque dando una possibilità alla psicologa, io so che non può mettersi in comunicazione con ciò che provo io perché è una cosa troppo complessa persino per me che lo provo, ma voglio vedere se posso prendere comunque qualcosa di positivo...
      Grazie di cuore della comprensione dopo tutta questa assenza, per l'esperienza con gli psicologi hai capito proprio ciò che volevo trasmettere.
      Un abbraccio forte...

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  2. tesoro mi dispiace leggerti così..ma sai che c'è?che nonostante tutto tu non sei rassegnata...sei delusa ma non rassegnata..
    e questo non sai quanto conta!!!
    quello che hai scritto qui fallo vedere alla psicologa...
    se è un'inetta non capirà e allora sentiti libera di lasciarla..non fa per te...prova!
    adesso è come se ti sentissi tra due fuochi e questa situazione snerva parecchio...
    pensa alla giornata...
    so che è dura...
    secondo me devi confrontarti con la psicologa..non sei tu quella che sbaglia!vorrei fossi convinta di questo...
    prova a farle leggere questo scritto non so se le hai parlato del blog altrimenti puoi dire che l'hai scritto inventandoti delle interlocutrici perchè lei non ti basta..
    spero che tu possa trovare la tua pace.


    ti stringo

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    1. Sì, sono delusa... Ma anche tanto rassegnata da una parte. Rassegnata più che altro al fatto che non ci sia una soluzione per questo problema, ma mi sto rassegnando sempre più all'impossibilità di essere capiti.
      Non sai quanto vorrei poterle far vedere questo scritto... Ma non me la sono mai sentita di dire del blog e non me la sentirei, non mi sento compresa nelle piccole cose... Come potrei pretendere di essere capita su questo? Ho paura davvero che non potrà mai esserci comprensione per i dca, o almeno per come lo vivo io, da nessuno psicologo del mondo, anche il più bravo.
      La mia unica piccola ed effimera "speranza" è il fatto di poter prendere qualcosa di positivo da questa psicologa... Per quanto non abbia i mezzi per centrare il nucleo del problema.
      Vedo il blog come una cosa troppo intima per farle leggere qualcosa ma con il tuo commento mi sono resa conto che se davvero gli psicologi potessero vedere più profondamente ciò che proviamo quando scriviamo allora forse capirebbero un minimo in più...
      Grazie della tua dolcezza e della tua vicinanza, ti stringo forte...

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  3. Quello che hai scritto è così vero e così profondo.
    Come sai condivido ogni tua tristissima parola, è un post bellissimo, scritto con il cuore, davvero.
    Non sai quanto vorrei, quanto vorrei essere fuori da tutta questa merda per poter aiutare qualcun altro, te compresa. Darti qualche consiglio, qualche abbraccio, una pacca sulla spalla.
    Come vorrei che non si trattasse anche di chimica e di stomaco e di organi, e che si trattasse soltanto di non sentirsi soli... allora sì, potrei fare tanta compagnia.
    Che dire?
    Che sì, non è tutto qui, non è tutto in ciò che dici agli psicologi, non è tutto in ciò che elenchi sul diario alimentare; eppure, allo stesso tempo, è tutto lì.
    Non c'è altro che tu, che io, abbiamo di diverso dalle altre persone.
    Tranne questa stranissima malattia, come vogliamo chiamarla.
    Un sacco di volte ho pensato che un giorno qualcuno farà un grande studio e scoprirà che non esisteva nulla, che è tutta una questione di peso e che una volta che prendi quei 5 chili per reggerti in piedi è tutto finito, è tutto fumo, tutto niente.
    Il resto è un po' di interiorità, di intelligenza in più, di capacità di sentire non si sa bene cosa.
    Una tendenza ad addossarsi problemi insostenibili addosso.
    Ma no, non è malattia, non più, dopo il peso.
    E questo studio si diffonderà e finalmente ci lasceranno in pace, i preconcetti smetteranno di inseguirci e i luoghi comuni potranno anche sparire perché non esisterà niente.
    E nessuno potrà più dire fastidiosamente che "esiste una via di uscita", mentre tu sei lì che da anni scavi per trovarla.
    Il disturbo alimentare è di chi se lo crea, il resto sono solo persone che pensano un po' tutte le stesse cose e poi aprono blog per parlarne, un po' come potrebbero fare quelli che amano i cavalli e parlano sempre di cavalli e dicono sui cavalli all'incirca le stesse cose.
    Ci hai mai pensato?

    Tu sei intelligente, profonda, e non esiste modo per farti capire da quella psicologa, perché voi siete diverse e lei no, non ha la passione per i cavalli.

    Questo commento suona così superficiale...
    Ma questi come sai sono giorni senza fine, e sto iniziando a pensare davvero che chi dice di essere guarito aveva una passione lieve, appena percettibile, per i cavalli, e ora ha trovato un altro hobby; io, forse, al mio hobby, sono condannata per sempre.

    Come te non smetterò mai di cercare la felicità dove non l'ho mai trovata, ma dove solo la posso cercare.

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    1. Il tuo commento è quanto meno di superficiale ci sia al mondo. Io adoro leggere ogni tua singola parola, mi mette in comunicazione con la mia interiorità, e senza i tuoi commenti, senza di te io non avrei maturato tante riflessioni...
      Condivido TUTTO. La tua visione è così in linea con quello che io penso, che non mi spiego proprio come possa aver avuto la fortuna di trovarti.
      Purtroppo, mi sto rassegnando sempre più all'idea che davvero un giorno verrà fatto uno studio, verrà presentato in TV e su tutti i mezzi di comunicazione dove diranno che guarire dal dca è prendere chili e basta. Il resto è noia.
      Perché anche a me sembrano giorni INTERMINABILI.
      Hai trovato la parola più giusta di tutte.
      Il disturbo alimentare è di chi se lo crea... Non c'è cosa più vera, io non avrei mai saputo concentrare questo pensiero in una frase, ma come sempre tu trovi le parole per concentrare tutto e renderlo chiaro.
      Esattamente come dici tu, ho paura che un giorno scoprano davvero che guarire è questione di peso, che è tutto lì. Ed il resto è solo interiorità, capacità di sentire non si sa bene che cosa, ma doverlo sentire per sempre perché è una conseguenza del dca da cui tu sei guarito prendendo chili e seguendo uno schema.
      Io mi chiedo però se chi sia guarito ce l'abbia ancora questa interiorità di cui parliamo, perché solo giunga alla conclusione di no.
      Se ci pensi, è l'interiorità stessa la malattia, senza questa capacità di sentire non sappiamo nemmeno noi cosa, penso non esisterebbe nemmeno più la malattia.
      La chiave è qui forse? Nel lasciare questo sentimento? Che sia proprio questa la malattia?
      Non so nemmeno se quello che ho detto ha senso ma sono sicura che tu mi capirai...
      Come dici tu poi, c'è incomunicabilità perché io sono diversa dalla psicologa, lei è diversa da me e a lei non sono mai piaciuti i cavalli.
      Può capire che mi piacciono, ma forse non perché ne sono ossessionata.
      Mi allego perfettamente anch'io all'ultima frase... La malattia ormai è anche proprio questo, incapacità di smettere di percorrere la stessa strada un'infinità di volte, sperando che alla fine ci sia sempre il premio che puntualmente alla fine non c'è mai.
      Ti voglio un bene dell'anima.

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  4. Mah... Non pensavo esistessero persone con un punto di vista simile al mio , almeno per quanto riguarda questa situazione. Con situazione mi riferisco ai DISTURBI ALIMENTARI, beh tu potresti averne uno , io un altro , ma tutto sommato il nemico è comune,è lo stesso , "the food" .La cosa più brutta è che cazzo tutti questi specialisti è come se dicessero " sei in un tunnel, cammina pur se non vedi la luce, prima o poi la trovi, noi siamo qui fuori e ti diamo indicazioni urlando"...
    Fanno di tutto per farti sembrare il problema meno di quello che effettivamente è, con la superficiale idea che il tuo disturbo alimentare è uno dei tanti, che ci vuole tempo e pazienza e tutta una serie di baggianate che potrei ipotizzare anche in singolare , o forse l'ho già fatto.. Proprio su questo punto infatti, quando dici di "saperne più di loro" , hai colto il mio profondo pensiero che mi accompagna ad ogni seduta terapeutica. Così come credo sia per te , per me andare dallo psicologo ( ah no... PSICHIATRA nel mio caso) è solo una piccola speranza di trovare un'ancora di salvezza , chissà magari la si trova. Anche io devo accettare di stare al loro livello , cercare di spiegare le cose trattenendomi perché altrimenti non sarebbero comprese. Il problema forse è che neanche il "direttore interessato di turno " non sa cos'ha, non sa esattamente che fine ha fatto e il perché. Comunque la mia domanda che mi pongo da quando soffro di bulimia nervosa ( credo io abbia inaugurato quella ipernervosa lol) è questa: Esiste una condizione oggettiva che fa si che si ha bisogno di cibo per colmare vuoti, compensare disagi ecc... oppure avere questo rapporto con il cibo è una cosa che in fondo si vuole perché, parlando chiaro, il cibo per noi alla fine è tutto , ci regala emozioni brutte ( quando mi abbuffo e prendo purghe/lassativi nel mio caso) è ci fa sentire potenti quando rispetti il programma alimentare che hai la pretesa di prepararti ogni dannato giorno. Forse l'ho buttata troppo sul personale, ma io volevo solo sottolineare come i tuoi punti di vista siano molto simili ai miei.
    Ps: Sono un ragazzo... Non si direbbe ma la sfera di questi problemi inizia a toccare anche noi dell'altro sesso.

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    1. Ciao! Ti ringrazio tanto per il tuo commento innanzitutto, mi ha sorpresa molto trovare un commento di un ragazzo! Ma i disturbi alimentari stanno colpendo entrambi i sessi, ci sono tanti stereotipi anche in questo, oltre che altri mille come sappiamo.
      Mi ha fatto piacere che tu ti sia ritrovato nel mio pensiero, sai penso che un po' tutti qui sebbene con problemi diversi abbiamo dei punti di vista simili, perché in fondo la cosa che una persona malata di disturbi alimentari pensa sempre è se guarirà davvero.
      Penso che tutti abbiano dubitato del percorso con i medici ma tu ti chiedi mai come abbiano fatto poi a guarire? Come hanno fatto a non considerare tutto superficiale, approssimativo, banale?
      La frase che hai detto, quella del tunnel penso sia molto vera. Ho la stessa tua impressione, è come se sminuissero sempre il problema e soprattutto che generalizzassero sempre, non cogliessero davvero ciò che significa avere questa malattia, che ammetto dall'esterno sembrerà sempre più banale di quel che è, è impossibile far capire quanto male si può stare.
      Per la domanda che ti poni è davvero difficilissimo rispondere, mi ha colpito molto... Io penso che sicuramente esista una condizione oggettiva che porta ad abbuffarsi o restringere, questo è sicuro. Ma come dici tu in fondo anch'io penso di volere questo rapporto col cibo, in fondo noi lo abbiamo scelto, potevamo prendere di mira qualcos'altro ma abbiamo scelto il cibo, l'aspetto più fondamentale della nostra vita.
      E sai, hai perfettamente ragione, nemmeno chi è malato sa in fondo come e perché, perciò è così difficile andare oltre con gli psicologici, io con lo psichiatra mi trovo meglio ad esempio che con la psicologa, però ho sempre l'impressione di non potermi spingere oltre, non so proprio impostare le mie sedute.
      L'unica cosa che possiamo fare è metterci al loro livello e accettare che il loro aiuto non può essere preciso quanto vorremmo, prendere quelle cose banali ma che spesso noi non consideriamo perché le riteniamo appunto troppo banali.
      Grazie per aver riportato la tua esperienza, ogni esperienza arricchisce e almeno si ha la certezza di essere capiti.
      Un abbraccio!

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    2. La cosa triste, molto triste, è che io ero arrivato a un punto in cui avevo conseguito una forma fisica che mi appagava, che mi stava bene. Ci ho lavorato un casino, ma non sto qui a dilungarmici, e all'improvviso sono andato in testacoda.Il cibo , l'alimentazione erano diventati un'ossessione troppo forte e invasiva , una cosa insostenibile. Da anoressia sono passato al binge, poi alla bulimia nervosa manifestando anche altre iper-forme della malattia. Ciò che non viene capito da tutti gli specialisti è che non tutti rispondiamo alla cura allo stesso modo, specialmente nel mio caso dove , essendo di sesso maschile, ho forse modi diversi di intendere e concepire alcune cose. La dannata impressione che ho poi è quella che loro cercano di trovare cure ai sintomi , spesso percorrendo strade che portano a trovare possibili cause inutili(?)... Principalmente per questo ritengo superfluo i percorsi così impostati. Sarà che parlo da una prospettiva molto leopardiana , sarà che sono troppo presuntuoso e saputello ( difetto riconducibile un po a tutti gli ambiti)
      ma sul serio vorrei andare oltre i semplici colloqui filosofo-allievo che riscontro ogni volta, vorrei non utilizzare farmaci per depressione-attacchi di panico , perché non sono loro il problema, sono solo una conseguenza. Purtroppo però questa è la cruda realtà, il cibo è come se fosse entrato in testa e avesse preso il controllo: emozioni, stati d'animo, modi fare e pensare sono tutti legati ad esso. Questo è spaventoso , è molto simile a un trauma, come può diventare una condizione secondaria il cibo se adesso è ancor più protagonista lui di me nella mia esistenza-vita?
      Riguardo poi al fatto di "alcuni ne sono usciti ", in che stato erano? Forse anche io ne sarei già uscito se fossi intervenuto all'inizio o quantomeno se il mio DCA non si fosse evoluto a tal punto,poi anche la maggior parte di chi ne esce non è fuori 100/100 da avere una vita completamente parallela al cibo.E'un po come un AIDS mentale non trovi? Una volta che ti ammali...

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    3. Esatto. La decisione "AIDS mentale" penso sia azzeccata, io la vivo proprio così, come hai detto anche tu il cibo è entrato nella mia testa ed è il protagonista assoluto della mia vita, come posso anche solo immaginare di considerarlo secondario? Quando dici che bisogna vedere in che stato erano quelli che sono "guariti" hai ragione, è quello che volevo dire anch'io con questo post, per come la vivo io anch'io penso che ormai non possa MAI più considerare il cibo come la cosa che mi tiene in vita e basta. Se fossi intervenuta anch'io all'inizio o se non si fosse evoluta come la vivo ora sarebbe stato almeno un po' diverso ne sono convinta. È che ormai, come penso anche tu, io so tutto della mia malattia.
      Io mi chiedo davvero come diamine abbiano fatto alcuni ad uscirne veramente, perché un esempio ce l'ho vicinissimo a me, mia cugina dice di essere guarita al 100% di fregarsene del cibo e della forma fisica e di non vivere più una vita parallela al cibo. Io mi chiedo come abbia fatto, perché anch'io sono convinta che chi guarisce non guarisce mai sul serio, magari ha ossessioni diverse, meno evidenti ma sono sempre lì.
      Un'altra cosa è che anche a me da molto fastidio quando si concentrano su dettagli inutili, o cercano cause dove non sono realmente secondo me.
      Nel tuo caso capisco ancora di più che essendo un ragazzo non sappiano come orientarsi, ma ti assicuro che anche con me a volte sembra che non sappiano dove andare a parare. Ed hai ragione, si viene presi per "saputelli"se si va oltre le loro convinzioni banali, la realtà è che davvero ne sappiamo più di loro.
      Purtroppo è molto frequente che si passi da un disturbo ad un altro, anche quando sembra andare tutto bene, anche quando finalmente ci sembra di aver raggiunto la forma fisica perfetta, non ci se ne rende mai conto. Probabilmente avevi tante questioni irrisolte. E per quanto riguarda gli psicofarmaci penso anch'io non siano la soluzione, infatti mi sono opposta fino all'ultimo e per fortuna sto meglio senza ora, penso che ricorrere agli psicofarmaci sia normale per loro quando non sanno cosa fare in realtà.
      Ma in fondo, una persona malata di dca cos'altro può fare se non affidarsi agli specialisti? Purtroppo questa è l'unica via, anche se molto triste.

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    4. Buon per tua cugina se è sul serio cosi, sai però è poco credibile. Ti faccio un esempio. Tu lidighi con una persona e vieni a conoscenza del suo lato alternativo che non conosci fino a un determinato momento, quello in cui ci lidighi appunto. Nel caso ti ci riappacifichi la vedrai sempre "diversa" in quanto sai che cosa potrebbe diventare nell'eventualità ci sono altre scintille. Con il cibo credo , a mio modesto parere, sia lo stesso. Almeno per ora credo non ne potrò mai uscire, la via d'uscita è molto simile al detto "vuoi dare un colpo al cerchio e alla botte", nel mio caso vorrei avere un'alimentazione equilibrata e concernente alle mie attività e certi momenti, perdendo la parte intelligente e razionale del mio io, mi fiondo sul cibo. In quei momenti è come se diventassi un tossico con siringhe a portata di mano e ogni mio buon proposito diventa un errore. Finito il tutto poi mi ritrovo come dopo uno scoppio di una bomba, caos mentale. Sul fatto di uscirne indenni poi... Io la butto molto sulla metafisica, per me il dolore psicologico va bene oltre quello fisico, ora però non mi dilungo troppo su questo. È come essere ferito in guerra avere un DCA, se non intervieni subito rischi di feriti (metaforicamente mali secondari che non sono da meno , sempre rifacendosi al mio caso bipolarismo e qualcos'altro). Per me è come cercare di arrestare un'emorragia ad una persona che sta lì lì per morire dissanguata, poi son punti di vista.

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    5. Sai, mille volte mi sono chiesta se sia davvero così ma a guardarla mi sembra un miracolo, mi sembra che sia riuscita ad uscirne indenne e ti giuro io per prima l'ho sempre ritenuto poco credibile, non me lo spiegavo proprio. Eppure io l'ho vista stare male, malissimo e guarire. Non so, forse semplicemente c'è chi la vive in un modo diverso e non gli rimane il trauma.
      Più passa il tempo più il mio pensiero è molto simile al tuo, ho capito l'esempio che mi hai fatto, penso che col cibo funzioni un po' così, quando qualcosa si rompe non può tornare come prima e forse vivremo davvero per sempre il cibo in modo diverso rispetto a prima della malattia.
      Sono convinta che le dinamiche di una persona con qualsiasi dipendenza sia molto vicina alla dinamica dei DCA per certi aspetti, puoi passare dalle stelle alle stalle in pochissimo tempo e sopratutto la parte che si sacrifica molto è quella della razionalità.
      Certo, il dolore psicologico va ben oltre quello fisico e puoi dirlo forte!
      Al di là di ciò che ha subito il fisico quello che tutt'ora mi fa stare male è la parte mentale che ha subito dei traumi.
      Che dire, anch'io la penso in modo simile, è davvero triste ma la vedo proprio così. (O almeno in questo momento) È come immaginare una persona con una malattia qualsiasi che può guarire ma che avrà sempre delle limitazioni nella sua vita, come essere destinati semplicemente a sopravvivere nel migliore dei casi.
      Molte volte mi chiedo se io debba accontentarmi che la guarigione è semplicemente aspirare a qualcosa di simile nel caso dei DCA.
      Il paragone alla fine riassume un po' tutto il discorso, grazie per i tuoi commenti è incredibile come sempre le persone con dca abbiano una sensibilità particolare.

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    6. Figurati, mi fa piacere trovare persone non dure di comprendonia e condivido le mie prospettive senza limitarmi. Comunque i disordini alimentari a mio parere colgono solo persone sensibili, che non significa stupide o ingenue , anzi. Forse il DCA al maschile è la prova che non sono capricci dettati dal: "voglio essere come quella ragazza in TV, come quella modella" e cose simili... Io non ho avuto , per modo di dire , ispirazioni di modelli che mi hanno portato al DCA, seppur non nascondo che faccio fatica a guardare persone che stanno bene con se stesse, è come specchiarsi e vedere come potevi essere, diciamo che la mia fatica si rifà anche ad entrare nella realtà quotidiana e giornaliera. Chi lo ha superato nelle condizioni da te esposte ha trovato qualcosa di più importante, sia dal lato razionale dell'io che da quello irrazionale ( mi riferisco alla condizione fisiologica e agli istinti)...Beh che dire, tali persone sono da ammirare, e riprendendo il fulcro della discussione, ossia gli aiuti esterni, credo che il tutto si superi da solo, senza psicologia-psichiatria. La cura dovrebbe essere il "conoscersi sotto ogni aspetto" , sia desiderante e (purtroppo) sia effettivo (cioè conoscere i propri limiti , in questo caso fisici). Facile a dirsi, specialmente quando tali limiti si oltrepassano giocando a fare Dio con sé stessi e raggiungendo l'ambita perfezione. Ahimè però la natura è sovrana e poi se esci fuori dal budget si paga con gli interessi...Che seccatura. E comunque ho sempre avuto pessimi rapporti col cibo

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    7. Concordo pienamente. Il dca al maschile è proprio la dimostrazione che non c'entrano NIENTE le modelle in TV o cose simili. Personalmente nemmeno io ho mai avuto ispirazioni che mi hanno portato alla malattia, è stato semplicemente l'evolversi di tante situazioni. Dovrebbero informarsi di più, si dovrebbe avere il coraggio di farsi sentire un po' di più e sfatare certi miti. Anche se ormai l'ignoranza è davvero dilagante.
      Anch'io provo "invidia" per chi sta bene con se stesso ma sopratutto per chi sa affrontare la vita e vivere, perché per me è anche tanto questo, non saper affrontare la vita e trovare sotterfugi col cibo.
      Sicuramente queste persone hanno trovato qualcosa di più importante da entrambi i lati e ne sono convinta, si devono solo presentare le condizioni giuste e come dici giustamente imparare a conoscersi sotto ogni aspetto, trovare equilibrio tra la parte che vuole sfidare le leggi della natura e quella che ha dei limiti, accettarli e fare di tutto per gestirli.
      Anch'io sono convinta che infondo l'ultima parola la avremo sempre noi, lo psichiatra o la psicologa è un aiuto in più per molti ma solo noi alla fine possiamo faticosamente fare quel grande lavoro su noi stessi, in primis imparando a conoscersi davvero.
      Io prima di circa due anni e mezzo fa non ho avuto rapporti complicati col cibo ma una grande mania di controllo quella sempre e sopratutto un dolore nascosto a cui non so dare un nome.
      Chissà perché si ammalano sempre le persone più intelligenti, perché scontare in questo modo la sensibilità che abbiamo in più?

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    8. Una parte della cura sta proprio nella risposta alla tua domanda. Beh non saprei perché proprio le persone non superficiali e con tatto si ammalano di DCA , così come si possono ammalare di altri disturbi mentali. Per quandomani riguarda le maniera di controllo poi
      ... L'ipercontrollo almeno io l'ho manifestato un pò ovunque, scuola, impegni e persino hobby, poi l'ho rivolto all'alimentazione quando ho iniziato a pormi certi problemi. Io non ho mai ambito, come sottolineato in uno dei commenti precedenti, ad una forma fisica altrui, semplicemente all'inizio volevo solo dimagrire, dimagrire e continuare a dimagrire incondizionatamente ( sintomi dell'anoressia ). Non avevo un obbiettivo specifico e il dimagrire mi dava la forza un pò in tutto, mi dava soddisfazione. Poi ho fatto il punto della situazione ( 1.83 x 53 kg ero) e da solo piano piano ne sono uscito prendendo 9 kg in modo salutare. Non ne ho idea di quali siano state le cause del binge prima e della bulimia poi, so solo che avevo , così come nel tuo caso, un dolore di fondo che non saprei spiegare, è come sentire tristezza, rabbia, impulsività, ansia, panico e molto altro tutti allo stesso tempo. Un malessere immenso in pratica. Per quanto riguarda l'ignoranza invece , lì proprio vado in tilt; mi riferisco a tutti quelli che associano il tutto a una questione di buona volontà, di distrazione e impegni. Probabilmente non ancora si è capito che queste sono MALATTIE vere e proprie, così come una persona con il piede rotto non può correre ( ci può mettere tutto l'impegno e la forza di volontà) io non posso evitare di abbuffarmi, se provo a resistere per molto collasso mentalmente, provo un'asfissia mentale che non arrivo a comprendere. Un'astinenza vera è propria. Questi concetti li ho esposti pure a psicologia e psichiatri, ma ho tutt'ora l'impressione che non hanno capito un emerito cazzo e adesso vogliono darmi ansiolitici per provare a bloccare le abbuffate. Situazione di stagno. Spero che alla fine si riesca a trovare la causa madre e superare il calvario :-)

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    9. Già... Niente di più vero, infatti prima di avere il dca avevo tantissime fisse di qualsiasi tipo! E questo proprio lo collego al fatto che essendo un dca una malattia mentale per psichiatrica definizione mi sarei potuta ammalare di qualsiasi altra malattia mentale!
      Stessa cosa... Ad un certo punto non ho più sopportato di non aver controllo su niente nella mia vita, e così più dimagrivo più avrei voluto farlo per sempre.
      Posso solo immaginare che significhi ritrovarsi dopo un percorso di faticosa ripresa di peso (tra l'altro da solo) in un altro disturbo alimentare ma forse le cause sono davvero troppi difficili da comprendere e più ci sforziamo di capirle più siamo amareggiati, forse semplicemente dobbiamo accettare che certe cose non le capiremo mai. (O forse sì?) Cambio idea ogni due per tre su questo! A volte ci rinuncio proprio a trovare la causa ma sicuramente quella misteriosa causa madre c'è, è quasi impossibile da far uscire allo scoperto ma se c'è va trovata. Oltre ovviamente a quel caos di emozioni con alberga dentro di noi, forse è davvero tutto lì... Forse no, la cosa che spero potremo fare un giorno è sfogarle il meno possibile sul cibo.
      L'ignoranza è la cosa che mi fa imbestialire di più, lasciamo perdere. Con certe persone è una battaglia persa in partenza, come glielo spieghi che sono MALATTIE? Esattamente come dici tu io non posso fare a meno di pensare tutto il giorno al cibo, non c'è un giorno della mia vita in cui non ci pensi da quando sono in questa situazione e sebbene mi senta spesso sulla soglia di un esaurimento mentale non potrei mai farne a meno, non potrei mai fare a meno di pensare che un giorno potrei dimagrire di nuovo e tornare al sottopeso, non potrei fare a meno di controllare i pasti, penso che se mi negassi questo impazzirei ma allo stesso tempo impazziamo altrettanto rimanendo in questa situazione.
      È frustante che non capiscano quello che tu hai detto, davvero tanto... Ma in fondo chi ha studiato sui libri non può capirlo. Con chi passa questo tutti i giorni credimi è bello non limitarsi su quello che si prova! E ho capito perfettamente cosa dici, io sono dipendente dalla malattia ormai.
      Mi è piaciuta però la nota di speranza alla fine, quella è l'ultima a morire no? O almeno così dicono... Sai, lo spero tanto anch'io.
      Ti auguro di superare la situazione di stagno e lo spero anch'io per me, perché dopo un po' diventa troppo frustante e chissà se un giorno il calvario sarà un brutto ricordo... Si spera :)

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    10. Te lo auguro altrettanto, il brutto è quando superi la linea di sopportazione, cioè quando non ne puoi più di tutto e ti stanchi completamente, ogni giorno è solo una delusione che si aggiunge alle altre.

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    11. Questo purtroppo è tristemente vero... Anche se ogni giorno è buono per illudersi o sperare che le cose cambino...

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