Da quasi una settimana sono in pausa dal centro, ho preso la decisione mercoledì scorso.
Non avevo previsto di farlo proprio quel giorno, volevo aspettare che scadesse il tesserino per l'esenzione ma quel giorno ho sentito troppo il bisogno di togliermi questo "peso", di allentare la presa. Non ho smesso completamente di andarci, infatti il prossimo appuntamento è a inizio giugno perché abbiamo deciso di fare degli incontri più distanziati prima di non andare proprio più. Molto probabilmente farò solo questi incontri a giugno, luglio e settembre prima di partire se tutto va bene per l'università. Sono incontri proprio per vedere se nell'arco di tempo di autonomia che ho avuto prosegue tutto bene.
Come potete immaginare non ho fatto questa scelta perché io sia guarita e di questo sono consapevoli al centro, per questo in questi casi si consiglia sempre di fare questi incontri a lungo termine fin quando è possibile. Avrei tanto voluto dire di aver fatto questa scelta perché sto bene, perché tutto sommato il cibo non è protagonista delle mie giornate ma mentirei.
Posso dire però che finora mi è sembrata la scelta più giusta per me, non ho più l'ansia e il pensiero di andare lì, il che mi legava ancora di più al cibo. Per fare un esempio pratico mi veniva l'ansia al pensiero di parlare con la psicologa, ho continuato a non trovarmi bene con lei, non c'era quel rapporto di empatia e voglia di raccontarmi, di scoprirmi che a il vero non ho forse mai avuto, ero semplicemente stanca di ripercorrere tutto di nuovo, io sono consapevole di quello che mi ha fatto stare male, nell'ultimo anno non ho fatto altro che cercare cause, eventi rimossi, parole rimosse. Nonostante ciò però ho sempre fatto difficoltà a risolvere il problema col cibo, perché come dicevo nello scorso post si è radicato e si è quasi isolato da tutti gli altri problemi. Non so se riesco bene a esprimere il concetto, probabilmente no, ma sostanzialmente ero stanca di dover raccontare, perché io sapevo già, dentro di me cosa mi fa stare male.
Un altro esempio pratico riguarda proprio il cibo in se, per fare un esempio se il giorno prima dell'appuntamento avevo mangiato la pizza, o un pezzo di torta o qualsiasi altro cibo che potrebbe causare ritenzione idrica non me lo godevo fino in fondo, perché avrebbero pensato che fossi veramente ingrassata, mi sentivo in colpevole in qualche modo e questo non dovrebbe succedere.
Invece ora che non ho questo impegno, mi sento molto più libera anche col cibo nei giorni più positivi, perché ovviamente continuano ad esserci i momenti no, i momenti di sconforto e apatia.
Ma quando ho l'occasione di mangiare dei pasticcini, una pizza o quando vado ad una cena so che posso ovviare all'ansia del peso semplicemente non pensandomi e senza il pensiero che qualcuno mi debba comunque pesare la vivo meglio. Infatti non mi sono mai pesata da sola, non lo faccio da luglio e non ho ceduto in questa settimana di indipendenza, non so nemmeno io se sarò mai pronta a vedere il peso di adesso sulla bilancia.
Fondamentalmente quindi non mi sono distaccata dal centro perché sono guarita ma fino ad ora nemmeno come occasione per perdere peso. Io ci penso tutto il santo giorno, continuo a sentirmi in colpa per certe cose, continuo ad essere ipersensibile al tema del cibo, sia quando ne sento parlare che quando ne leggo ma qualcosa, non so cosa, al momento di scegliere poi mi impedisce di restringere.
Ho imparato a conoscermi, anzi sto ancora imparando... Io so che se mi privo di qualcosa non ho energie, il tempo passa lentissimo e la mia vita diventa la pausa tra un pasto e l'altro più di quanto non sia.
Io odio la fame. Non so come si faccia ad amare i crampi della fame, sarò atipica io ma io odio avere fame, non mi fa sentire ne potente ne altro, anzi mi sento la persona più debole del mondo in quel momento. Io non ho la forza di fare niente senza cibo, e quando mangio tutto quello che devo sento la differenza rispetto a quando mangio qualcosa di più leggero.
La mia quotidianità ormai è questa, ogni giorno mi ritrovo a scegliere se in quella giornata voglio avere tutte le energie necessarie o se preferisco essere debole per tutto il giorno e mi conviene decisamente la prima. Oltre al fatto che si sta avvicinando l'esame sto pensando al dopo, a cosa mi aspetterà, non ho tantissima ansia per l'esame di stato, quello che mi scoccia è arrivarci. L'ansia è per il dopo, sono tanto confusa e ho tanti dubbi e preoccupazioni non solo legate strettamente alla scelta dell'università ed è inevitabile pensare a come cambierà il mio rapporto col cibo, perché inevitabilmente dovrò cambiare io.
Giusto per aggiornare ho iniziato anche scuola guida, a fine maggio l'esame teorico e non vedo l'ora di raggiungere almeno questo traguardo, è molto importante per me.
Questi pensieri e impegni mi hanno aiutato un po', mi aiutano a scegliere di avere l'energia giusta per fare tutto.
In altri giorni invece, l'apatia e lo sconforto prende il sopravvento e non vorrei far altro che rivivere quello che ho vissuto ma arrivati a questo punto non so quando questo pensiero mi lascerà.
Quindi per ora vado avanti così, e vedremo a giugno cosa succederà, mi sento più libera e credetemi è come se mi fossi tolta una grande ansia che mi ricordava il problema col cibo, mi ricordava che dovevo pesarmi, che dovevo fare un diario alimentare tutti i santi giorni,mi ricordava che la mia vita è uno schema fatto di cibo e basta. Può sembrare una cosa di poco conto ma non dover più scrivere tutto quello che mangio effettivamente mi fa sentire più libera, non dover pensare al fatto di aver mangiato la pizza in date ravvicinate o essere andata ad una cena mi fa vivere meglio la situazione, perché so che l'80% della mia alimentazione è sana e quell'altro 20% di cose meno sane e di altre occasioni deve esserci e sopratutto so di cosa ho bisogno per avere energia, so che se un giorno ho fame e voglio mangiare di più non devo scriverlo su un diario per ricordarmelo e magari sentirmi dire che i biscotti due volte al giorno non vanno bene, perché IO so che va bene per me.
Lo psichiatra mi ha aiutato nella scelta e la dietista mi ha preso misure ed il peso, così da controllare la prossima volta che sia tutto ok, mi ha fatto qualche domanda di routine sull'alimentazione attutale e mi ha detto che le sembra tutto regolare.
Sentivo di aver lasciato il blog all'abbandono per troppo tempo e per troppo tempo sono stata assente, sarà anche un post confusionario come al solito ma spero di essere riuscita ad aggiornare e fare un quadro generale di quello che mi è successo.
Un abbraccio a tutte. ♡
Lettori fissi
martedì 3 maggio 2016
mercoledì 9 marzo 2016
La mia malattia sono io.
Non avete idea di quanto io volessi scrivere in questi giorni, rimandavo sempre perché mi sembrava di non aver nulla da dire, di non trovare l'ispirazione giusta. Ma come mi succede sempre quando parlo o leggo un post di Sybil, avrei un milione di cose da dire. In quelle parole trovo scritta la mia vita, e se fino ad un secondo prima non sapevo che scrivere e come metterlo nero su bianco tutto si fa più chiaro immediatamente dopo, penso che sia magia.
Oggi sono stata al centro, c'è una novità: da oggi parlo anche con la psicologa. Devo essere sincera? Dal primo momento in cui sono entrata in quella stanza, ho sentito fortissimo e chiarissimo dentro di me che non sarebbe servito a nulla, questo perché io so di essere in una posizione superiore alla loro. È quello che penso da sempre e quello che solo oggi ho realizzato perfettamente, dopo aver letto le parole spiazzanti di Sybil. Oh, quelle parole... Parlano di me. Io so perfettamente che io sono la persona più informata di tutte sul mio disturbo. Ma non solo, sento che qualsiasi cosa esca dallo stereotipo si trasforma in incomprensione e mancata comunicazione. Non ho mai parlato forse dettagliatemente delle mie visite, ma spesso lo psichiatra fa fatica a capire alcuni miei passaggi, come fa lui, che ha studiato a non comprendere la mia mente contorta? Le mie contraddizioni? Questo perché solo io conosco perfettamente il mio disturbo. E con questo non voglio dire che non capisca, altrimenti non farebbe il suo lavoro. Anzi, è quello che forse mi ha aiutato più di tutti ma io non sono lo stereotipo, mi sento stupida quando dico certe cose che vanno fuori dal "manuale" è come se dicessi cose senza senso ai loro occhi. Non so se mi spiego, ma quando cerco di uscire dai preconcetti e dai luoghi comuni, non vengo capita, posso ripetere allo sfinimento che non sto male per il peso, che non mi fa stare tranquilla mantenere il peso perché ormai sono FISSATA con il mio disturbo e che la cosa che mi fa stare male è il pensiero di abbandonarlo,
In fin dei conti io non sono affatto guarita dopo un anno di percorso e sapete cosa? Mi sono accorta che non voglio nemmeno.
Cioè, io voglio assolutamente fare una vita dignitosa, considerare il cibo come il contorno della mia vita, eppure non vorrei mai rinunciarci. La mia è una tranquillità apparente, seguo quello che mi è stato prescritto perché so che lo devo fare, perché non posso fare altrimenti per vivere.
Ma da una parte il mio disturbo è parte integrante di me, è diventata una caratteristica qualsiasi, come avere gli occhi marroni. Ho sempre pensato di poter condurre una vita dignitosa sempre e comunque con il mio "bambino" accanto, come l'ha definito perfettamente Sybil.
Questo è il motivo per cui appena tornata a casa, ho detto a mia madre che sentivo che sarebbe stato tutto inutile. Lei giustamente mi dice "perché lo dici a me?" ed ha ragione. Ma io come tutto nella mia vita ho accettato passivamente di fare questi incontri con la psicologa, di tentare.
Perché quando sei disperato accetti di tutto, anche l'aiuto più superficiale del mondo. Perché si, purtroppo lo percepisco dannatammete superficiale, diciamocelo in questo ambito non esiste giustizia, non esiste a meno che tu non pesi trenta chili, questo è così da sempre e sarà così tristemente per sempre. Basti pensare ai dubbi che hanno su di me per il fatto che pur essendo perfettamente normopeso e scoppiando apparenentemente di salute io stia ancora male dentro. Perché in fondo si guarisce così giusto? Basta mangiare normale, come se il cibo fosse il problema. Che poi lo ammetto, in fondo lo è non penserei sempre a quello altrimenti, ma sappiamo che non è veramente li tutto.
Ma dicevo, ho accettato di vedere la psicologa. È stato un colloquio molto veloce, fuori programma, dettato solo dal fatto che mi hanno mandata li perché sto ancora male per il cibo.
Mi ha chiesto di dirle brevemente la mia storia, (intendeva la famiglia ecc...) ma io ero così STANCA. Sono nauseata dal raccontarla, perché so che è lì che gli psicologi indagano per comporre il puzzle che ti definisce. Io so di essere più intelligente, e questo lo dico senza presunzione assolutamente. Ma io so e l'ho sperimentato, che venire ridotta ad un'adoloscente problematica non mi aiuta, non so fino a che punto. Perché sarebbe tutto così riduttivo e banale.
Ci ho provato a descrivere il rapporto con la mia famiglia, sul serio. Ma non ci sono riuscita, so che quello è un contorno del mio problema, so che il mio problema è diventato un tutt'uno con me. Sono io la mia malattia. Non gli altri, non i miei genitori ma IO.
La mia malattia sta diventando una cosa a se dalle questioni della mia vita come possono essere il rapporto con i miei o con i miei amici, dalla mia vita sociale.
È una cosa a se da tutto questo eppure un tutt'uno con me.
O almeno è così che si sta evolvendo. Io riconosco che queste cose c'entrino ovviamente con la malattia, che l'abbiamo portata allo scoperto in qualche modo, ma so che risolvendolo io non guarirei.
Perché appunto la malattia è una cosa a se ormai e sono io allo stesso tempo.
Tornando alla psicologa mi ha detto che lei lavora con i sogni, che dicono tanto della psiche e che la prossima volta se mi ricordo le racconto di quello che ho sognato. Interessante la cosa dei sogni, chissà se me li ricorderò.
Poi quando mi ha chiesto della mia storia io ho goffamente tentato di dirle che ho un bel rapporto con mia madre ma che mi ha fatta sentire inadeguata nella mia vita, e che con mio padre non ho un rapporto praticamente. La mia voce lì mi stava tradendo, come mai mi veniva da piangere?
Eppure è qui il problema, io mi sentivo stupida dicendo quelle cose, perché ero perfettamente consapevole di come la psicologa e qualunque altro lo avrebbe interpretato. "Ecco qui la povera ragazza insicura, che ha un rapporto difficile coi suoi e che perciò si è ammalata."
È così per tutte in fondo, ma dannazione la ragione non è lì.
Gli psicologi scavano nella mente, no? Allora perché non sanno scavare più profondamente? Non si può ridurre tutto a questo. Spiegatemi perché un bel giorno mi sono fissata col controllo del cibo
Inizio a pensare che non ci sia una ragione, o meglio c'è, ma non si vede. Non si può conoscere.
E io con questo non voglio fare una colpa agli psicologi o ergermi a chissà chi, ma io oggi l'ho capito perfettamente.
Io non so se me la sento di dovermi conformare a quello che loro sanno studiando su dei manuali. Davvero il mio disturbo è tutto lì? Se lo fosse stato sarei già guarita. Penso di aver reso abbastanza quanto il disturbo sia parte di me.
Poi inizio a pensare che potrei sfruttare la mia posizione di superiorità, in quanto conoscitrice nel vero senso della parola del mio disturbo per guarire davvero. In fondo sono stanca, mi sento di ripetere sempre la stessa canzone, dopo un po' stona e non la sopporti più.
Potrei approfittarne per guarire e non dover sentire quella sottile insoddisfazione ogni volta che esco da quel centro, perché so che quello non è quello che avrei voluto dire. E non posso dirlo come dicevo prima, perché scatta l'incomunicabilità, ci ho provato più e più volte credetemi.
A volte sono tentata di firmare e chiudere la cartella dicendo che sono troppo intelligente per stare lì. Ma come potrei dirlo? Già dirlo qui mi fa sembrare presuntuosa, ma credetemi non è quello che intendo.
Ma poi penso anche alle persone che sono guarite li, come hanno fatto? A volte penso che non abbiano raggiunto un certo stadio del DCA, perché allo stadio in cui mi sento io adesso sinceramente non vedo chissà che prospettive di fronte a me, non vedo e non vedrò mai il cibo come un aspetto secondario della mia vita, non mi stuferò mai di andare al supermercato cercando le cose integrali e senza questo e quello, non mi stuferò di pensare di poter trovare la felicità qui, nel mio fantastico e sporco mondo.
Comunque, io ci provo davvero a vedere cosa ne viene fuori da questo incontro con la psicologa, l'unico modo è mettermi al loro pari, accettare che loro possono darmi solo quel tipo di aiuto che per me non sarà mai abbastanza, e trarne tutto ciò che di positivo posso trarne.
È solo mettendomi al loro stesso livello che posso comunicare, le volte in cui ci riesco sono le uniche in cui non mi sento totalmente disperata e insoddisfatta, ma ci vuole tanto impegno farlo.
È frustrante doversi accontentare, ma nel frattempo lo faccio. Infondo, che altre speranze avrei di guarire? Ubriacarmi o drogarmi per non pensare al cibo?
È l'unico aiuto a mia disposizione e a tutte le ragazze che soffrono di dca, la soluzione più logica.
Scusate questo post, mi è venuto di getto. Forse dovrei scrivere più spesso, altrimenti rischio post come questi. Ma vi assicuro che almeno in questo momento è tutto sentito, magari tra un anno ci riderò su.
Oggi sono stata al centro, c'è una novità: da oggi parlo anche con la psicologa. Devo essere sincera? Dal primo momento in cui sono entrata in quella stanza, ho sentito fortissimo e chiarissimo dentro di me che non sarebbe servito a nulla, questo perché io so di essere in una posizione superiore alla loro. È quello che penso da sempre e quello che solo oggi ho realizzato perfettamente, dopo aver letto le parole spiazzanti di Sybil. Oh, quelle parole... Parlano di me. Io so perfettamente che io sono la persona più informata di tutte sul mio disturbo. Ma non solo, sento che qualsiasi cosa esca dallo stereotipo si trasforma in incomprensione e mancata comunicazione. Non ho mai parlato forse dettagliatemente delle mie visite, ma spesso lo psichiatra fa fatica a capire alcuni miei passaggi, come fa lui, che ha studiato a non comprendere la mia mente contorta? Le mie contraddizioni? Questo perché solo io conosco perfettamente il mio disturbo. E con questo non voglio dire che non capisca, altrimenti non farebbe il suo lavoro. Anzi, è quello che forse mi ha aiutato più di tutti ma io non sono lo stereotipo, mi sento stupida quando dico certe cose che vanno fuori dal "manuale" è come se dicessi cose senza senso ai loro occhi. Non so se mi spiego, ma quando cerco di uscire dai preconcetti e dai luoghi comuni, non vengo capita, posso ripetere allo sfinimento che non sto male per il peso, che non mi fa stare tranquilla mantenere il peso perché ormai sono FISSATA con il mio disturbo e che la cosa che mi fa stare male è il pensiero di abbandonarlo,
In fin dei conti io non sono affatto guarita dopo un anno di percorso e sapete cosa? Mi sono accorta che non voglio nemmeno.
Cioè, io voglio assolutamente fare una vita dignitosa, considerare il cibo come il contorno della mia vita, eppure non vorrei mai rinunciarci. La mia è una tranquillità apparente, seguo quello che mi è stato prescritto perché so che lo devo fare, perché non posso fare altrimenti per vivere.
Ma da una parte il mio disturbo è parte integrante di me, è diventata una caratteristica qualsiasi, come avere gli occhi marroni. Ho sempre pensato di poter condurre una vita dignitosa sempre e comunque con il mio "bambino" accanto, come l'ha definito perfettamente Sybil.
Questo è il motivo per cui appena tornata a casa, ho detto a mia madre che sentivo che sarebbe stato tutto inutile. Lei giustamente mi dice "perché lo dici a me?" ed ha ragione. Ma io come tutto nella mia vita ho accettato passivamente di fare questi incontri con la psicologa, di tentare.
Perché quando sei disperato accetti di tutto, anche l'aiuto più superficiale del mondo. Perché si, purtroppo lo percepisco dannatammete superficiale, diciamocelo in questo ambito non esiste giustizia, non esiste a meno che tu non pesi trenta chili, questo è così da sempre e sarà così tristemente per sempre. Basti pensare ai dubbi che hanno su di me per il fatto che pur essendo perfettamente normopeso e scoppiando apparenentemente di salute io stia ancora male dentro. Perché in fondo si guarisce così giusto? Basta mangiare normale, come se il cibo fosse il problema. Che poi lo ammetto, in fondo lo è non penserei sempre a quello altrimenti, ma sappiamo che non è veramente li tutto.
Ma dicevo, ho accettato di vedere la psicologa. È stato un colloquio molto veloce, fuori programma, dettato solo dal fatto che mi hanno mandata li perché sto ancora male per il cibo.
Mi ha chiesto di dirle brevemente la mia storia, (intendeva la famiglia ecc...) ma io ero così STANCA. Sono nauseata dal raccontarla, perché so che è lì che gli psicologi indagano per comporre il puzzle che ti definisce. Io so di essere più intelligente, e questo lo dico senza presunzione assolutamente. Ma io so e l'ho sperimentato, che venire ridotta ad un'adoloscente problematica non mi aiuta, non so fino a che punto. Perché sarebbe tutto così riduttivo e banale.
Ci ho provato a descrivere il rapporto con la mia famiglia, sul serio. Ma non ci sono riuscita, so che quello è un contorno del mio problema, so che il mio problema è diventato un tutt'uno con me. Sono io la mia malattia. Non gli altri, non i miei genitori ma IO.
La mia malattia sta diventando una cosa a se dalle questioni della mia vita come possono essere il rapporto con i miei o con i miei amici, dalla mia vita sociale.
È una cosa a se da tutto questo eppure un tutt'uno con me.
O almeno è così che si sta evolvendo. Io riconosco che queste cose c'entrino ovviamente con la malattia, che l'abbiamo portata allo scoperto in qualche modo, ma so che risolvendolo io non guarirei.
Perché appunto la malattia è una cosa a se ormai e sono io allo stesso tempo.
Tornando alla psicologa mi ha detto che lei lavora con i sogni, che dicono tanto della psiche e che la prossima volta se mi ricordo le racconto di quello che ho sognato. Interessante la cosa dei sogni, chissà se me li ricorderò.
Poi quando mi ha chiesto della mia storia io ho goffamente tentato di dirle che ho un bel rapporto con mia madre ma che mi ha fatta sentire inadeguata nella mia vita, e che con mio padre non ho un rapporto praticamente. La mia voce lì mi stava tradendo, come mai mi veniva da piangere?
Eppure è qui il problema, io mi sentivo stupida dicendo quelle cose, perché ero perfettamente consapevole di come la psicologa e qualunque altro lo avrebbe interpretato. "Ecco qui la povera ragazza insicura, che ha un rapporto difficile coi suoi e che perciò si è ammalata."
È così per tutte in fondo, ma dannazione la ragione non è lì.
Gli psicologi scavano nella mente, no? Allora perché non sanno scavare più profondamente? Non si può ridurre tutto a questo. Spiegatemi perché un bel giorno mi sono fissata col controllo del cibo
Inizio a pensare che non ci sia una ragione, o meglio c'è, ma non si vede. Non si può conoscere.
E io con questo non voglio fare una colpa agli psicologi o ergermi a chissà chi, ma io oggi l'ho capito perfettamente.
Io non so se me la sento di dovermi conformare a quello che loro sanno studiando su dei manuali. Davvero il mio disturbo è tutto lì? Se lo fosse stato sarei già guarita. Penso di aver reso abbastanza quanto il disturbo sia parte di me.
Poi inizio a pensare che potrei sfruttare la mia posizione di superiorità, in quanto conoscitrice nel vero senso della parola del mio disturbo per guarire davvero. In fondo sono stanca, mi sento di ripetere sempre la stessa canzone, dopo un po' stona e non la sopporti più.
Potrei approfittarne per guarire e non dover sentire quella sottile insoddisfazione ogni volta che esco da quel centro, perché so che quello non è quello che avrei voluto dire. E non posso dirlo come dicevo prima, perché scatta l'incomunicabilità, ci ho provato più e più volte credetemi.
A volte sono tentata di firmare e chiudere la cartella dicendo che sono troppo intelligente per stare lì. Ma come potrei dirlo? Già dirlo qui mi fa sembrare presuntuosa, ma credetemi non è quello che intendo.
Ma poi penso anche alle persone che sono guarite li, come hanno fatto? A volte penso che non abbiano raggiunto un certo stadio del DCA, perché allo stadio in cui mi sento io adesso sinceramente non vedo chissà che prospettive di fronte a me, non vedo e non vedrò mai il cibo come un aspetto secondario della mia vita, non mi stuferò mai di andare al supermercato cercando le cose integrali e senza questo e quello, non mi stuferò di pensare di poter trovare la felicità qui, nel mio fantastico e sporco mondo.
Comunque, io ci provo davvero a vedere cosa ne viene fuori da questo incontro con la psicologa, l'unico modo è mettermi al loro pari, accettare che loro possono darmi solo quel tipo di aiuto che per me non sarà mai abbastanza, e trarne tutto ciò che di positivo posso trarne.
È solo mettendomi al loro stesso livello che posso comunicare, le volte in cui ci riesco sono le uniche in cui non mi sento totalmente disperata e insoddisfatta, ma ci vuole tanto impegno farlo.
È frustrante doversi accontentare, ma nel frattempo lo faccio. Infondo, che altre speranze avrei di guarire? Ubriacarmi o drogarmi per non pensare al cibo?
È l'unico aiuto a mia disposizione e a tutte le ragazze che soffrono di dca, la soluzione più logica.
Scusate questo post, mi è venuto di getto. Forse dovrei scrivere più spesso, altrimenti rischio post come questi. Ma vi assicuro che almeno in questo momento è tutto sentito, magari tra un anno ci riderò su.
sabato 2 gennaio 2016
Aggiornamenti
Questo post inizierà in un modo banale e scontato.. Ma prima di iniziare ci tenevo a fare gli auguri a tutte. Sono la prima a non crederci molto ma un augurio non fa mai male, quello che conta è l'intenzione che c'è dietro.
Non voglio farmi troppe illusioni, altrimenti va a finire che rimango delusa.
Una cosa però è certa, quest'anno per me significa molti cambiamenti e ho paura. Ho paura di non riuscire a finire la scuola in condizioni psicofisiche decenti, visto quello che è successo recentemente e di cui vi parlerò tra poco. Ho paura del dopo, io vorrei andare fuori all'università. Ad ogni persona che mi chiede io rispondo di voler continuare con le lingue, di voler fare interpretariato. Ma allo stesso tempo ho un sacco di dubbi. Ho persino pensato che se fallissi il test a settembre, andrei a studiare scienze dell'alimentazione (ahahah). E non so se sono condizionata dal mio disturbo, non so se è più un tentativo di salvare me stessa, di conoscere da vicino ciò che mi distrugge. Fatto sta che mi è venuta questa malsana idea, e sembra appassionarmi più delle lingue che erano la mia certezza. So che può sembrare da pazzi masochisti, io stessa ho molti dubbi. Però allo stesso tempo c'è qualcosa che mi affascina così tanto, studiare i processi del corpo, come sono fatti gli alimenti, avere una conoscenza scientifica e consapevole, poter aiutare altre persone. Questo mi affascina moltissimo. Mi diverto un sacco a fare le ricerche sugli alimenti, compro cose che sono considerate strane e cerco di convincere i miei famigliari che sono buone.
Scusate, mi vergogno molto di aver detto questa cosa e non so nemmeno perché visto che ho aperto il blog proprio per parlare a vanvera e dare sfogo ai miei deliri. Per ora chiudo qua questo argomento, mi mette ansia pensare al mio futuro ora.
Passo ad aggiornarvi su alcune cose a cui accennavo prima. Penso che farò dei punti così da non essere troppo dispersiva come al solito.
• Situazione scuola: Dall'ultima volta che ho scritto è stato sempre più difficile. Non parlo dei voti o del rendimento scolastico perché NON SO davvero come cavolo faccia ma non ho fatto danni da quel punto di vista. Ma parlo proprio della fatica a stare lì, emotiva e fisica. Gli attacchi di panico sono stati all'ordine del giorno, e mi facevano stare davvero malissimo. Ne ho parlato anche con lo psichiatra, ma di questo parlerò in un altro punto. Non ho mai fatto così fatica, per quanto vi possa spiegare come mi sono sentita non riuscirò mai a rendere l'idea. Gli ultimi giorni li ho passati a piangere, senza dire niente a nessuno. E nessuno che si accorgesse. Quando è arrivato l'ultimo giorno è stato un sollievo non indifferente, ma mi sono portata gli strascichi di malessere per tutti i primi giorni di vacanza. Gli sbandamenti continui, lo stato confusionale... Giorni interi passati così. Lo stato confusionale sta diventando un problema, quando parlavo con gli altri ero in uno stato di derealizzazione e non riuscivo proprio a connettere col cervello ed inserirmi bene nella realtà. In conclusione: HO SERIAMENTE PAURA DI TORNARE IN QUEL POSTO.
• Vita sociale: Diciamo che qui ho fatto parecchi passi avanti. La maggior parte di questi giorni di vacanza sono uscita, anche in quello stato psicofisico in cui mi trovavo. Complice il fatto che con le persone con cui sono uscita mi trovassi meglio rispetto ad altre, complice il fatto che mi ero imposta di uscire lo stesso perché tanto erano giorni che stavo così l'ho fatto. Sono uscita più in questi giorni che nell'ultimo anno probabilmente. Un giorno in particolare ho fatto davvero fatica, tenevo l'equilibrio a fatica anche da seduta e dopo essermi costretta a ingerire più zuccheri mi sono sentita meglio.
Più che essere riuscita a distarmi ho provato solo una grande soddisfazione personale.
• Natale/Capodanno: Il Natale l'ho passato in famiglia, tutto sommato è stato abbastanza tranquillo. Il Capodanno invece l'ho passato a casa, con mia sorella e i miei. All'inizio il programma era di prendere coraggio e accettare la proposta di andare con le mie compagne di classe, ma l'amico che conosco meglio è partito in vacanza quindi mi sarei sentita fuori luogo. Con la mia amica erano già in troppi. Insomma, una serie di cose ha voluto che restassi a casa, ma sinceramente non mi è dispiaciuto affatto. Ho fatto la pizza e il dolce con mia sorella, ed ho anche assaggiato tutto.
• Situazione cibo/centro: Qui ci sarebbe un sacco da dire. In breve ho parlato allo psichiatra degli attacchi di panico, delle ossessioni che mi fanno impazzire. Lui mi ha dato questo periodo delle vacanze di pausa, il 13 ho l'appuntamento e inizieremo a parlare di terapia con gli psicofarmaci. A me questa cosa fa paura. Io ho sempre fatto di tutto per non prenderli, ho il terrore che peggiorino la situazione. Ma da una parte non posso nemmeno rischiare di fare un mese di assenze a scuola o pesino di lasciarla visto che questo stato mi impedisce seriamente di andarci in alcuni giorni. E giuro che ho pensato di farla finita.
Se lo ritengono necessario vedrò se sarà di supporto ma la paura è tantissima. Io che ho sempre ritenuto di essere una persona equilibrata. Ho la convinzione che i farmaci possano risolvere il sintomo, ma non il problema alla base. E questo è grave. Io sono andata in psicoterapia per questo, ma fino ad ora non mi pare di aver scoperto grandi cose. A parte il fatto che è insito nel mio carattere essere così rigida e ossessiva. Nella mia vita ho sempre avuto questo tipo di comportamento su altre cose, ho capito che il controllo del cibo era una conseguenza scontata. Lo psichiatra dice che è il circolo ossessivo che peggiora gli attacchi di panico.. Che se lo aspettavano che col piano alimentare impazzissi. Qui arriviamo al rapporto col cibo, in generale sono meno tranquilla, vivo tutto con più rigidità di prima, la qualità degli alimenti mi ossessiona di più, ma è come se ne avessi sentito il bisogno. Non penso che dipenda dal piano alimentare, visto che durante questo mese e più l'ho preso come una guida e non mi ci sono mai ossessionata. Ma penso che sia stato proprio un bisogno. Non ho eliminato particolari cose perché davvero, non ne sarei capace e non mi salterebbe in mente di eliminare i carboidrati a cena. E infondo so che non è quello che voglio. Ma certamente ho mangiato meno del solito nell'ultimo periodo, la dietista mi ha detto di aver perso qualcosa, ma sinceramente non mi sono accorta di nulla, anzi. Io sono convinta che sia stato anche l'effetto post-ciclo che mi a sgonfiare un po'.
In conclusione dopo la visita del 23 dicembre avevamo deciso di affidare la mia alimentazione a mia madre, ma io davvero non riesco a fidarmi. Lei fa tutto a occhio, e non ci pensa nemmeno a mettersi a pesare le cose.
Nonostante ciò sono riuscita a gestire le varie cene e pranzi, ho assaggiato tutto e non mi sono negata le cose.
Però mi sento instabile e boh, mi sembra di vivere continuamente lo stesso calvario.
Questi giorni di vacanza mi stanno sfuggendo di mano, non voglio che finiscano così in fretta. Non riesco a godermeli completamente.
Penso di essere riuscita ad aver detto tutto..
Scusate l'assenza, sentivo il bisogno di scrivere e fare un aggiornamento.
Mi sono resa conto che è un anno che ho aperto questo blog, volevo RINGRAZIARVI, DALLA PRIMA ALL'ULTIMA. E se non fosse stato per questo blog non avrei conosciuto persone così meravigliose, non avrei conosciuto l'unica persona che ha salvato quest'anno che non so nemmeno come definire.
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